Elena Ferrante è una delle mie scrittrici contemporanee preferite. L’ho detto tante volte nei miei video, lo ripeto qui: ritengo la tetralogia dell’Amica Geniale uno dei capolavori della letteratura moderna. Detto questo, potete immaginare quanto sia stata felice e orgogliosa che il The Guardian le proponesse una rubrica settimanale.
Dopo un anno di alti e bassi (alcuni articoli abbastanza trascurabili, altri quasi insospettabili) la Ferrante si è congedata dai suoi lettori inglesi. I suoi due ultimi articoli rimangono per me i più belli.
In quello del 5 gennaio la Ferrante si è concentrata sulla funzione educativa della letteratura. Secondo l’autrice che ha dato vita alle indimenticabili Lila e Lenù un talento individuale si caratterizza per il modo in cui fa tesoro delle esperienze quotidiane per collegarle alle questioni fondamentali che riguardano la condizione umana.
Every work of value is also a transmission of firsthand knowledge [Ogni opera di valore è anche una trasmissione di conoscenza di prima mano]
“Le parole ci danno piacere, modellano la nostra visione del mondo; penetrano i nostri corpi, li attraversano e li alterano, educano il nostro sguardo, i nostri sentimenti, persino la nostra posizione su diverse questioni”, scrive la Ferrante, rivelando forse per la prima volta l’obiettivo dei suoi libri.
“Quello che conta di uno scrittore”, prosegue, “non è la sua abilità di orchestrare le parole ma il modo in cui si inserisce nella tradizione letteraria, le sue idee, il bagaglio personale di esperienze che ha l’urgenza di condividere” (a questo link l’intero articolo)
Da aspirante scrittrice ho trovato le sue parole di grande ispirazione. Nonostante il clamoroso successo internazionale ottenuto Elena Ferrante ha continuato a condurre una vita lontana dai riflettori e non ha mai manifestato la volontà di voler contribuire al dibattito pubblico di questo Paese (salvo un articolo dedicato a Salvini e un altro al cambiamento climatico). Per cui credo che questa rubrica sul The Guardian e la libertà che il noto quotidiano inglese le ha evidentemente garantito abbiano fatto un grande regalo (forse più a noi che a lei), come spiega lei stessa nell’articolo finale.
“Mi ero data un anno di tempo e quest’anno è giunto al termine. Ho tentennato molto prima di accettare questa proposta. Ero spaventata dalla deadline settimanale, dall’idea di dover scrivere quando non mi sentivo di farlo e di dover pubblicare un mio testo senza prima aver rivisto scrupolosamente ogni singola parola. Ma alla fine la curiosità ha prevalso.” Se questa timida ammissione di insicurezza mi ha aveva già conquistata, il proseguo del suo congedo mi ha ancor più interessata, sorpresa e commossa.
“In questi mesi ho scritto di argomenti che sono importanti per me ma credo di averne lasciato fuori uno che ho affrontato nel mio ultimo libro e che per questo motivo pensavo fosse eccessivo riaffrontare: sto parlando dell’ineguaglianza e dei suoi disastrosi effetti a livello economico, sociale e culturale. Ritengo l’ineguaglianza il cuore di tutti i problemi che ci consumano. Più di ogni cosa l’ineguaglianza genera uno straordinario spreco di menti e di energie creative che, qualora gli venisse offerto il giusto spazio, potrebbero fare della nostra epoca un laboratorio attivo capace di riparare ai danni causati finora – o almeno di controllarne gli effetti invece che alimentare un’insopportabile lista di orrori.”
Signori e signore questa è Elena Ferrante. Non sappiamo se qualche giornale italiano, prima del The Guardian, le avesse offerto la stessa possibilità. Di certo nessuno dei nostri quotidiani o settimanali si è preso la briga di tradurre i suoi articoli per i lettori italiani. Come sempre a noi è richiesto uno sforzo maggiore, se la curiosità può essere definita tale. Quindi andate, leggete i suoi libri e moltiplicatevi!
A presto
Rosa