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Buoni propositi per il 2019 e…

Ciao a tutti e buon 2019!

Sono rientrata dalla Thailandia il 4 gennaio e fatico un po’ a riprendermi. Tra i propositi per questo nuovo anno c’è quello di scrivere con più costanza su questo blog. Vorrei riuscire a tenere la media di un aggiornamento quotidiano ma non sono certa che sia un ritmo alla mia portata. Faccio un tentativo primo perché scrivere per me costituisce da sempre una forma di vita e quindi più lo faccio e più cresce la mia vitalità, e secondo perché sento la necessità di condividere con un maggior numero di persone le mie passioni e i miei desideri.

Comincio con l’anticiparvi che nei prossimi giorni, oltre a condividere con voi i titoli dei film e dei libri che più attendo in questo 2019, mi piacerebbe raccontarvi cosa ho scoperto delle città, dei luoghi, che ho visitato in Thailandia e in Cambogia. Se avete delle curiosità non esitate a scrivermi, sarò felice di rispondervi.

Da cinefila non posso non spendere due righe di commento circa i premi assegnati ieri sera ai Golden Globe (da una giuria di circa novanta giornalisti della stampa estera). Non sono rimasta sveglia come faccio di solito perché nel 2018 il cinema italiano e internazionale non mi ha molto entusiasmato e non ci sono film per i quali ho ritenuto valesse la pena fare le ore piccole e affrontare il lunedì con la grinta di uno zombie.

L’altro motivo è che molti dei film candidati o vincitori non li ho ancora visti. Il 2018 per me è stato un anno di grandi cambiamenti e non ho partecipato quasi a nessuna kermesse cinematografica, diversamente da quanto avvenuto negli ultimi cinque anni, da quando scrivo di cinema.

Fatte queste precisazioni tra i film e le serie viste sono ovviamente felice per Glenn Close (che ho intervistato – il servizio per Vanity Fair a questo link) e ancor di più per Rachel Brosnahan, la mia amatissima Mrs Maisel. Tiepido entusiasmo per Shallow di Lady Gaga che è ovviamente la più bella colonna sonora dell’anno ma per me A Star is Born è un film abbastanza mediocre.

Tra le serie credo che avrebbero meritato una maggiore attenzione Sharp Objects e Patrick Melrose e continuo a considerare Roma di Alfonso Cuaron un film estremamente sopravvalutato (qui trovate il video della mia top ten 2018) ma è al premio come miglior film che vorrei dedicare un minuto di silenzio

Ci siete ancora?

Cari giornalisti, ma che diavolo vi è preso? Capisco l’entusiasmo del grande pubblico per un film come Bohemian Rhapsody che credo sia una degna celebrazione del talento di Freddie Mercury, posso anche accettare il premio per la miglior performance a Rami Malek ma quello per il miglior film si candida ad occupare un posto nella lista dei premi più immeritati della storia. Come on guys! E’ come se Cannes assegnasse la Palma d’Oro a Black Panther! Il trionfo di Bohemian Rhapsody ai Golden Globe è sicuramente sintomatico della mediocrità della stagione cinematografica appena trascorsa ma non al punto tale da giustificare una scelta tanto inappropriata.

Con il velo pietoso che sto stendendo sulla cerimonia vi do appuntamento a domani!

Perché Mozart in the Jungle ha vinto ai Golden Globes

Tra le tante sorprese riservate dai Golden Globe 2016 figura il doppio premio a Mozart in the jungle, la serie tv targata Amazon con la star messicana Gael Garcia Bernal che vi invoglierà a scoprire il fascino della musica classica.

Lo show in questione è tratto dal memoir Sex, Drugs & Classical Music dell’oboista americana Blair Tindall e segue le vicende quotidiane della fantomatica New York symphony orchestra guidata dell’eccentrico Maestro sudamericano Rodrigo De Souza.

Nella prima stagione (andata in onda su Sky Atlantic) i membri dell’orchestra avevano dovuto adattarsi al nuovo Maestro, che oltre ad esibire le sue stranezze aveva trovato il tempo per infatuarsi della sua assistente nonché talentuosa oboista Hailey Rutledge (nonostante lui si ostini a chiamarla Hailai).

Tra le trovate più divertenti segnaliamo il rapporto di amore/odio di Rodrigo con l’ex moglie Ana Maria, una violinista eccellente ma talmente folle da ricordare la focosa Penelope Cruz in Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen.

Alla sua seconda stagione, disponibile in streaming su Amazon Prime dal 30 dicembre, Mozart in the Jungle ha ampliato il proprio raggio di azione mettendo in evidenza l’evoluzione di Hailey, desiderosa di rendersi indipendente da Rodrigo, sempre più paranoico, e i problemi finanziari che affronterà l’orchestra alle prese con uno sciopero per rivendicare i propri diritti.

Molti telespettatori sono però rimasti interdetti di fronte all’assegnazione di questo Golden Globe, chiedendosi come una serie tv apparentemente così innocua abbia potuto insidiare un piccolo cult come Transparent, super acclamato dalla critica. Mozart in the jungle gli ha soffiato sia il premio per la miglior comedy che quello per il miglior attore protagonista

Ebbene, nonostante Jeffrey Tambor abbia sfoggiato anche quest’anno un’ interpretazione impeccabile del transessuale Maura, Rodrigo De Souza alias Gael Garcia Bernal è un vero trascinatore, diverte con disincanto sfruttando abilmente le sue inflessioni linguistiche e giocando con tutti gli stereotipi del Latin lover.

Al suo talento si aggiunge quello di Lola Kirke, giovane stella del cinema indie made in USA, che quest’anno abbiamo visto brillare in Mistress America di Noah Baumbach al fianco della ben più scafata Greta Gerwig. In Mozart in the Jungle la Kirke è un valore aggiunto: la sua Hailey, dalla bellezza mozzafiato, è tanto angelica e accondiscende quanto spesso spietata e incurante dei sentimenti altrui. 

A gestire Gael & Co., in veste di registi e produttori, ci pensa gente del calibro di Paul Weitz (il regista di About a Boy), Roman Coppola e Jason Schwartzman (attore feticcio di Wes Anderson). Questo team rende Mozart in the Jungle una serie da non perdere, perfetta per il binge-watching con i suoi soli dieci episodi da trenta minuti animati da una vivacità esibita con una grazia fuori dal comune.

Ma la vittoria del Golden Globe ha un significato ben preciso, e non solo da un punto di vista artistico. Transparent nasce con lo scopo preciso di dare voce ad alcune minoranze in tv, analizzando il disagio esistenziale di un’annoiata famiglia borghese, quasi totalmente devota all’arte di oziare. La seconda stagione è un affresco umano toccante e a tratti poetico che rischia però di rimanere ingabbiato in un territorio di nicchia a causa dei propri presupposti.

Al contrario, Mozart in the Jungle non ha messaggi subliminali, è un puro divertissement che vive la trasgressione con naturalezza. I musicisti protagonisti si confrontano con il proprio ego spropositato, la rivalità e la solitudine ma reagiscono alla frustrazione con uno studio estenuante. Vivono per diventare i migliori, anche quando l’età avanza. Ecco perché il Golden Globe, in questo caso, va a premiare uno straordinario inno alla libertà di azione creativa, all’anticonformismo e perché no, una volta tanto, anche all’impegno.

Pubblicato originariamente su Wired Italia