Esordire con un libro come Mio amore assoluto potrebbe essere il sogno di ogni scrittore. Ma l’americano Gabriel Tallent, 30 anni, non ambiva a creare un caso editoriale. Anzi, precisa che la storia di Martin e Turtle, padre e figlia legati da una relazione violenta e incestuosa, non dovrebbe essere ricordata come un manuale di sopravvivenza bensì come un romanzo avvincente che possa far emergere i sentimenti ambivalenti delle vittime di abusi e porre il lettore dinanzi alle proprie responsabilità. Ce lo racconta in questa intervista esclusiva rilasciata nel corso del breve tour di promozione che l’ha visto protagonista anche in Italia.
Perché ha scelto una ragazzina come protagonista del suo primo romanzo?
Inizialmente avevo in mente un libro ben diverso, popolato da moltissimi personaggi. Da un certo momento in poi ho compreso che Turtle avrebbe meritato molto più spazio per i punti che mi dava l’opportunità di toccare attraverso la situazione di pericolo che vive.
Quali difficoltà ha riscontrato da uomo nella scrittura di una storia di abusi dal punto di vista di una giovane donna?
Ero consapevole che raccontare la sua interiorità sarebbe stato difficile per me. Sono cresciuto circondato da donne e sono stato molto influenzato da loro, come uomo e come scrittore. Detto questo non volevo raccontare la storia di una donna ma una storia universale. Tendiamo a pensare che il dolore delle donne sia per noi inaccessibile ma credo che abbia a che vedere con una mentalità tendenzialmente misogina. La violenza ai danni delle donne non è affar loro ma un tema che coinvolge l’intera umanità.
Un’altra peculiarità del libro è la totale assenza di giudizio. Lei ha scelto di evitare di descrivere il passato di Martin. Come mai? Temeva che sarebbe stato interpretato come un espediente per giustificare le sue azioni?
Quando gli scrittori ricorrono a dei flashback per raccontare la vita degli aggressori ho come l’impressione che vogliano dimostrare che costoro non avessero scelta, che è la vita ad averli resi in questo modo, che fosse inevitabile. Credo che sia un modo codardo di ragionare e che ognuno dovrebbe essere responsabile dei propri fallimenti. Martin è un uomo che combatte per superare le proprie ferite ma che non è abbastanza forte da riuscirci.
Le armi sono a tutti gli effetti dei personaggi del libro e, da lettrice europea, mi ha colpita che fossero il giocattolo preferito di una quattordicenne. È una violenza ordinaria quella che racconta?
No, non è assolutamente ordinaria. Anzi, considero l’uso delle armi in quell’area della California decisamente inusuale ed è anche per questo che Martin è guardato con sospetto dagli altri membri della comunità di Mendocino. Ovviamente se mi chiede se il controllo delle armi in America è problematico le rispondo di sì ma quella che mi premeva raccontare era esclusivamente l’esperienza di Turtle.
Mio amore assoluto è un libro che può aiutare a comprendere meglio il dolore e il senso di colpa e di vergogna provato dalle persone che rimangono vittime di abusi.
È una questione che mi preme molto. Non voglio assolutamente farmi portavoce delle vittime di violenza e non può essere questo l’obiettivo di un romanzo. Quello che posso dirle è che ho sofferto molto mentre ero alla ricerca delle parole giuste per raccontare l’ambivalenza dei sentimenti di chi è sottoposto ad un tale trauma.
Turtle comincia ad intravedere la salvezza quando inizia a preoccuparsi per gli altri. È come se il suo istinto di sopravvivenza fosse risvegliato dall’amore e dalla compassione. Lei crede che siamo gli unici in grado di salvare noi stessi?
Credo che talvolta si possa trovare la forza di rialzarci per il solo amore di noi stessi, in altri, come nel caso di Turtle, l’amicizia e la compassione verso gli altri diventano decisivi per diventare adulti.
Il suo libro sarebbe una sceneggiatura perfetta per un film. Darebbe l’assenso per una trasposizione cinematografica?
Non vado matto per l’idea ma credo che la rappresentazione di Turtle richiederebbe molta attenzione. L’autorizzerei solo dinanzi ad una regista con una visione molto chiara.
Lei ha paragonato i diritti dell’ambiente e quelli delle donne sostenendo che sono quelli che vivono il momento peggiore. Ha speranza per il futuro?
Credo che la misoginia e la cultura patriarcale siano ancora fermamente dominanti nel mondo. Non sono così ottimista ma credo che sia fondamentale battersi per ottenere dei risultati.
Questo libro ha ricevuto splendide critiche e complimenti da firme prestigiosissime, su tutti quelli di Stephen King. Quali sono le sue ambizioni come scrittore?
Ogni libro ti migliora e richiede una grande quantità di ricerche e approfondimenti. E le confesso che quella è la mia parte preferita. La mia ambizione rimane quella di scrivere una storia onesta e vera che possa porre i lettori dinanzi alle proprie contraddizioni.
Originariamente pubblicato su Esquire Italia