Pittore, giornalista, corrispondente di guerra poi scrittore e oggi sceneggiatore, regista e produttore. Peter Landesman a 53 anni ha cambiato molti volti senza perdere di vista l’obiettivo: la ricerca inarrestabile della verità. Dopo i reportage sul traffico di armi e rifugiati, il genocidio in Rwanda, i conflitti in Kosovo, Pakistan e Afghanistan dopo l’11 settembre apparsi su riviste prestigiose come The New York Times Magazine, The New Yorker e The Atlantic Monthly, questo poliedrico artista newyorkese è approdato al cinema.
La partenza è avvenuta nel 2013 con Parkland, film che racconta le concitate ore che seguirono all’attentato a JFK. All’esordio segue Concussion che vede protagonista Will Smith nei panni del coraggioso medico che intraprese una dura battaglia contro l’NFL denunciando i rischi connessi ai colpi in testa che i giocatori ricevono durante i match di football. Incontro Landesman a Toronto in occasione della première del suo nuovo film, The Silent Man (in sala dal 12 aprile) in cui Liam Neeson interpreta Mark Felt, braccio destro di J.Edgar Hoover nell’FBI che nel 2005 rivelò al mondo di essere stato Gola Profonda ovvero l’informatore dei giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernstein, che portarono alla luce lo scandalo Watergate.
Quando ha deciso esattamente che, dopo anni di brillanti inchieste giornalistiche, era arrivato il tempo di cimentarsi nella regia cinematografica?
Nella mia vita sono stato un pittore, uno scrittore, un giornalista, poi uno sceneggiatore e ora sono un regista. Le considero tutte attività che compongono un solo percorso. Quanto alle storie che racconto sono affascinato da quelle persone che da sole si battono perché emerga la verità. Da corrispondente ho compreso le difficoltà che ciò comporta. È bello arrivare sul pezzo prima degli altri e conoscere segreti che nessuno conosce ma è anche rischioso.
Perché ha deciso di dedicare il suo terzo film a Mark Felt?
La cosa che più mi ha colpito è che Gola Profonda non fosse un personaggio di primo piano nella politica americana, ma un individuo quasi anonimo che si è ritagliato una piccola parte nel contesto storico dell’epoca. Un personaggio semi-sconosciuto che con le sue rivelazione è riuscito da solo a far crollare la Casa Bianca. Incredibile!
Cosa ha di eccezionale la sua storia?
La storia si ripete e il comportamento umano è sempre uguale, gli uomini potenti e avidi non cambiano ma neanche quelli con integrità, per fortuna. Quello che sta accadendo di questi tempi in America con Donald Trump e le coincidenze con il periodo del Watergate mi sembrano soprannaturali.
Crede veramente che sia stata l’integrità a motivare le scelte di Felt?
Bella domanda. Nessuno fa qualcosa per un solo motivo. C’è chi ha scritto che la sua è stata una vendetta nei confronti di Nixon per non aver ottenuto la promozione dopo la morte di J.Edgar Hoover. Io sono del parere che volesse proteggere l’FBI dalla corruzione, da qualcuno che tentava di ridurre quell’istituzione ad un’arma. E aveva ragione perché l’amministrazione Nixon era davvero composta da un mucchio di bugiardi.
In che modo ha selezionato le informazioni da includere nel film?
Da giornalista mi sono assicurato innanzitutto che tutte le informazioni da noi raccolte fossero corrette. Il libro di Mark Felt non lo rivela come Gola Profonda. La maggior parte delle informazioni sul suo conto provengono da due fonti estranee al libro. Un agente dell’FBI (che nel film viene interpretato da Tony Goldwyn) e un’amica di famiglia che divenne la sua amante dopo il suicidio della moglie Audrey.
Perché ha scelto Liam Neeson e Diane Lane come protagonisti?
Da attore Liam Neeson rappresenta l’integrità per eccellenza. La sua fisicità era perfetta per il personaggio di Felt. Anche lui era alto, magro, elegante e, non da ultimo, un grande ballerino. Sono andato a New York a conoscere Liam, a proporgli il progetto, a mostrargli il mio film precedente e devo dire che non è stato difficile convincerlo. È scattata subito l’intesa. Quanto a Diane Lane, credo che incarni una feroce fragilità.
Secondo lei il mondo sta evolvendo in positivo o in negativo?
Siamo messi piuttosto male ma siamo sicuramente migliorati in trasparenza e in velocità. Felt operava in un mondo analogico, oggi nell’era digitale è possibile arrivare ovunque.
Non ne abbiamo pagato in termini di sicurezza?
Oggi abbiamo a disposizione un’enorme quantità di dati, poche sono le informazioni. In passato c’era più tempo per raccoglierle, analizzarle e arrivare a raccontare delle storie.
Un’ultima curiosità: guardando il suo film non si può fare a meno di pensare a Tutti gli uomini del presidente. È stato un punto di riferimento per lei?
Quello è un film straordinario. Lo rimane oggi e lo rimarrà per sempre. Uno dei migliori. Alan J. Pakula è uno dei miei registi preferiti. Ma non direi che sia stato per me un punto di riferimento, ho addirittura evitato di rivederlo nel corso delle riprese. Se proprio dovessi scegliere un punto di riferimento quello sarebbe Shindler’s List perché ribalta la prospettiva su un evento storico che tutti conosciamo.
Pubblicato originariamente su Esquire Italia