Serata libera da impegni? Mi permetto di offrirvi un consiglio su come trascorrerla. Martedì 14 novembre sbarca nelle sale il documentario Never Ending Man – Hayao Miyazaki. Per una sola serata il pubblico italiano potrà godersi le riflessioni sulla bellezza della vita e dell’arte da parte del più grande genio dell’animazione vivente.
In Giappone, dove Miyazaki è un’icona al pari di Walt Disney nei paesi occidentali, i suoi film – pietre miliari come Principessa Mononoke, La città incantata (premio Oscar 2003), Il castello errante di Howl e Ponyo sulla scogliera – sono tra i più visti della storia del cinema nipponico, superando perfino gli incassi di Titanic.
La chiusura dello studio Ghibli, la cosiddetta “fabbrica dei sogni” – , annunciata nel 2014, ha rappresentato un vero colpo al cuore per i fan del suo cinema poetico e capace di stimolare le emozioni e la fantasia degli adulti e dei bambini.
Il decimo e ultimo lungometraggio di Miyazaki, Si alza il vento, è forse il suo film più personale, carico di romanticismo e umanità. Un capolavoro che omaggia il grande cinema e la letteratura classica, da Casablanca a Il dottor Zivago, da Omero e Dante.
Never Ending Man è un documentario atipico. Ci si aspetta un uomo orientale che abbia abitudini molto diverse dalle nostre, per cultura e temperamento. E ci si ritrova ammaliati dalla semplicità con cui esprime dubbi universali e dalla grande ironia con cui affronta la quotidianità.
“Sento che la fine del mondo è vicina, gli uomini stanno perdendo la fiducia in se stessi”
Miyasan, così lo chiamano gli amici, ha 76 anni ed è ancora ossessionato dal disegno a mano con il quale ha dato vita a tutti i suoi amatissimi film. Qui lo vediamo alle prese con l’apprendimento delle tecniche CGI che sperimenta con una certa diffidenza.
Ma, nonostante il ritiro e un rallentamento dei ritmi di lavoro dovuto all’età, non ravvisiamo mai in lui una carenza di entusiasmo o di curiosità per il nuovo. È felice come un bambino ad ogni nuova immagine faticosamente creata e non è reticente al confronto con i più giovani.
“Se non gli mostro come voglio che sia fatto il lavoro, non ho il diritto di arrabbiarmi, no?”, afferma con dolcezza. Ma quando gli esperti di intelligenza artificiale gli mostrano la loro ultima creazione, un verme strisciante con sembianze umane, il Maestro ne rimane deluso.
“Sapete, spesso incontro un amico con disabilità fisica. Cammina con difficoltà. Anche battere il cinque è difficile per lui. Ripensando a lui non riesco a farmi piacere questa cosa. Chi le crea non considera cose come il dolore. Lo trovo disgustoso. Ognuno è libero di realizzare cose ributtanti se lo desidera ma non voglio che entrino a far parte del nostro lavoro. Secondo me è un affronto alla vita”, chiosa rivelando quella stessa sensibilità che ha contraddistinto tutte le sue opere.
Nel finale rivela che sta lavorando ad un cortometraggio, Boro il Bruco, la cui uscita è prevista per il 2020. “Avrò 79. Sarò ancora vivo?”, si chiede ridendo, poi aggiunge: “Credo sia meglio morire nel bel mezzo di qualcosa piuttosto che morire non facendo niente. Preferisco morire pensando che devo continuare a vivere”.
Per queste riflessioni e per la testimonianza diretta del lavoro di un cineasta che ha stravolto i canoni del cinema d’animazione vale la pena correre al cinema a vedere Never Ending Man, da oggi in sala per un solo giorno.
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