«Per primo hanno ucciso mio padre»: il regalo di Angelina Jolie per Maddox

Il doloroso divorzio da Brad Pitt – che al momento sembrerebbe in standby – non ha frenato i progetti di Angelina Jolie. È lei una delle star indiscusse dell’ultima edizione del Toronto International Film Festival. La diva ha presentato The Breadwinner, cartone animato da lei prodotto sulla storia di una bambina che si finge maschio per aiutare la propria famiglia a sopravvivere in una Kabul assediata dai talebani. Un film che il pubblico canadese ha omaggiato con una standing ovation.

Ma il TIFF segna anche il ritorno alla regia di Angelina, a due anni da quel By the sea che anticipava la fine di una storia d’amore (e di un brand) che ha fatto sognare il mondo per oltre dieci anni. Per primo hanno ucciso mio padre è tratto da Il lungo nastro rosa della scrittrice e attivista cambogiana Loung Ung, un’incredibile storia di sopravvivenza ambientata negli anni del regime Khmer Rouge.

Il film, che sarà disponibile su Netflix a partire dal 15 settembre, è prima di tutto un regalo per il figlio adottivo Maddox – che figura tra i produttori esecutivi – nato proprio in Cambogia, “perché possa aiutarlo a comprendere il valore delle sue origini”.

Angelina, da anni in visita nei campi profughi sparsi per il mondo, abbandona il compiacimento dei suoi ultimi due film e riprende quanto di positivo aveva mostrato nell’opera prima Nella terra del sangue e del miele, ambientata in Bosnia negli anni della guerra nell’ex Jugoslavia.

Con lo stesso rigore, ma con il candore e la sensibilità dello sguardo di una bambina di dieci anni, la Jolie mostra le atrocità compiute nei confronti della popolazione cambogiana verso la fine degli anni Settanta trovando un giusto equilibrio.

L’eccessiva sensibilità  e il rispetto con cui viene trattata una storia che Angelina tiene così tanto a raccontare finisce per risultare controproducente, coincidendo con una sostanziale mancanza di pathos e limitando il coinvolgimento emotivo dello spettatore. 

Il film è tuttavia meno convenzionale del previsto e lo sguardo innocente della bambina protagonista lo tramuta in una sorta di sogno impressionistico le cui immagini rimangono vivide nella sua e nella nostra memoria. Pur sempre lodevole che una star del suo calibro presti la propria notorietà per il ripasso o la scoperta di un passaggio storico di cui vale la pena venire a conoscenza.

L’ultimo anno dell’attrice quarantaduenne, lo sappiamo, è stato piuttosto complicato ma le preoccupazioni per la sua vita famigliare non le hanno impedito di dedicarsi a ciò che sembra starle più a cuore: la lotta per l’affermazione dei diritti umani nei paesi più svantaggiati del mondo.

La critica apprezza, il pubblico è dalla sua: la fine dei Brangelina potrebbe non significare il tracollo della diva californiana, come pronosticato da qualche detrattore. Seppur pallida e apparentemente malinconica, a Toronto non si è sottratta all’abbraccio con i fan né tantomeno alle domande dei giornalisti curiosi di conoscere maggiori dettagli sulla sua vita privata. L’amore per il cinema e le giuste cause hanno avuto la meglio, almeno per questa volta.

Come si sopravvive in un mondo fortemente connotato dall’intolleranza e dalla paura come quello in cui si è trasformato il nostro? “È importante trovare il coraggio di lottare per ciò in cui si crede e non smettere mai di porsi domande”, parola di Angelina Jolie.

Originariamente pubblicato su Vanity Fair Italia

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