Bruciare tutto è un romanzo rivoluzionario. E ora scandalizzatevi pure!

Se oltre a discutere se fosse lecito o meno gustarsi un agnello il giorno di Pasqua nelle ultime ore avete avuto anche il tempo di informarvi non vi sarà sfuggita la polemica generata dall’uscita di Bruciare tutto, l’ultimo libro di Walter Siti che ha farcito le pagine dei quotidiani e ringalluzzito i critici più bacchettoni. La prima della lista è stata la filosofa Michela Marzano che su La Repubblica si lascia andare a becere considerazioni di carattere morale e pare fornire le dovute motivazioni per inserire il testo nell’indice dei libri proibiti.

Il libro, a suo avviso “inaccettabile”, “partirebbe da premesse gratuitamente scandalistiche” e costituirebbe “un’operazione editoriale il cui cinismo appare evidente”. Ma non finisce qua. Una volta tanto “la condanna” mette d’accordo tutti. Per Camillo Langone de Il Foglio il libro sarebbe addirittura “repellente” e Walter Siti meriterebbe l’inferno.

Ora vi chiederete, ma da dove nasce tutta questa indignazione? Molto semplice, o quasi: Walter Siti ha deciso di festeggiare il suo 70esimo compleanno con un libro che ha per protagonista un prete poco più che trentenne cui sono sempre piaciuti i bambini.

L’unico episodio di pedofilia risale ai tempi del seminario, quando Don Leo ha il suo primo rapporto con un allievo di undici anni. L’incontro con la vittima a distanza di anni e quello con una tentazione nuova di zecca vanno a scalfire un equilibrio apparente che ha faticosamente raggiunto.

A meno di una settimana dalla sua pubblicazione Bruciare tutto è già considerato il caso letterario dell’anno e non (ancora, purtroppo) per il numero delle copie vendute. Il libro di Siti è diventato il passatempo preferito dei benpensanti che raramente stimolano la curiosità del lettore con i loro scritti, salvo rivelare sconsideratamente ogni minimo particolare della trama. Saranno loro “i vecchi incancreniti nei loro pregiudizi” che Don Leo paragona ai “poveri di spirito” citati nel Vangelo?

Definizioni a parte, pregherei costoro di leggere e riflettere prima di scandalizzarsi e alimentare lo sterile dibattito sulla presunta amoralità di un libro tutt’altro che scabroso e semplicistico. Se si fossero soffermati un momento in più sull’indomita prosa, sulla profondità del suo sguardo, avrebbero riconosciuto in Bruciare tutto il romanzo folgorante che è. Senza dubbio uno scandalo nel panorama letterario italiano contemporaneo, ma di ben altra natura.

Walter Siti, che non si professa uomo di fede, sceglie per la prima volta di non avvalersi dell’autobiografia affidando al suo personaggio più facilmente condannabile, e condannato, le sue lucide osservazioni sul presente e sul futuro.

“Che strano prete che sono. Un imbucato alla festa del Regno”, così si presenta Don Leo mentre legge Kafka, Chesterton, Sologub e Hardy. Ascolta Kurt Cobain e Jim Morrison e si convince che il corpo di Dio si nasconda nella voce di Amy Winehouse. Condanna la stupidità e l’omologazione dei fedeli ma avverte il peso della propria responsabilità sociale e politica in qualità di confessore e vorrebbe proteggerli dallo svuotamento dei cervelli. Paolo Sorrentino potrebbe appena aver trovato la fonte di ispirazione perfetta per la seconda stagione di The Young Pope.

A ben guardare la trasformazione che subisce questo personaggio, ostaggio della sua perversione, mai liquidato come il male assoluto, ma esplorato, curato, approfondito, diventa simbolo del cambiamento di una società, la nostra, che non può più rimandare la propria rivoluzione, per quanto osteggiata e temuta essa sia.

Se nella prima parte del libro impariamo a conoscere Don Leo, le spietate convinzioni ma anche l’innegabile passione per l’umanità, nella seconda assistiamo alla sua dissoluzione senza avvertire il minimo compiacimento pur essendo a conoscenza dei suoi segreti più inconfessabili.

Walter Siti riesce nell’impresa titanica di generare un’empatia laddove impensabile, disinfetta il lettore dal pregiudizio senza offrire in cambio alcuna consolazione. Al contrario, l’implacabile finale di Bruciare tutto lascia interdetti e smarriti. Tutto da ricostruire, a partire dal vuoto che ci ottenebra la mente.

Difficilmente un libro è stato così ingiustamente vilipeso in tempi recenti. Ancora una volta è Don Leo a venirci in soccorso con la sua erudizione tramite una citazione del poeta irlandese William Butler Yeats: “i migliori sono privi di ogni convinzione, mentre i peggiori sono pieni di appassionata intensità”.

A questo punto Siti avrebbe potuto fare affidamento sull’appoggio dei cattolici ma l’appuntamento è rimandato. Lo scrittore modenese, un umanista dichiaratamente ateo, sottolinea come “l’intelligenza sia nemica della fede”, “il cristianesimo insegni ad odiare la propria vita” e indica la parrocchia come il luogo di aggregazione preferito di “chi ha paura della rivoluzione” (appunto!).

Originariamente pubblicato su Wired Italia 

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