Ci volevano le serie tv per parlare liberamente di aborto?

Se non per i traguardi storici tra qualche anno studieremo il 2016 come un periodo di transizione, imprescindibile per comprendere le dinamiche geopolitiche e sociali del mondo che sarà. La Brexit prima e l’elezione di Donald J. Trump poi, senza contare i sanguinosi attacchi terroristici, ci raccontano un Occidente allo sbando, meno integrato e (per certi versi) evoluto di quanto si pensasse. Prendete l’aborto: l’elevatissima percentuale di obiettori di coscienza nel nostro Paese, le battaglie civili in Irlanda e in Polonia e, non ultime, le sconvolgenti affermazioni del neo-eletto Presidente USA dimostrano che la questione è tutt’altro che archiviata.

Ma la risposta non proviene dalla classe dirigente bensì dalla televisione, il mezzo di comunicazione più vituperato e quantomai potente che negli Stati Uniti sta operando una vera e propria rivoluzione culturale. Senza entrare nel merito di ciò che hanno rappresentato negli ultimi anni capolavori come Mad Men o Breaking Bad, ci hanno a dir poco stupito gli sceneggiatori di Jane the Virgin, Crazy Ex-Girlfriend, You’re the worst e BoJack Horseman. Quattro show con un alto potenziale comico che hanno affrontato di recente l’aborto in maniera inedita e, in alcuni casi, straordinariamente coraggiosa.

Il cinema ci aveva abituato alla drammatizzazione del tema contestualizzandolo in film come Il segreto di Vera Drake dell’inglese Mike Leigh o 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni del romeno Mungiu (entrambi doverosamente insigniti dei premi più ambiti). La tv tenta l’approccio inverso.

Partiamo da Jane the Virgin, probabilmente una delle comedy più scadenti su piazza. Lo show (ispirato ad una telenovela venezuelana) racconta la storia di Jane, una giovane donna che rimane casualmente incinta pur preservando la propria verginità al fine di arrivare illibata al giorno del suo matrimonio.

Ebbene due stagioni e una gravidanza dopo, ritroviamo Jane accorrere in supporto della madre Xiomara che sceglie di abortire ma non sa come confidarlo alla religiosissima abuela Alba. “Mi fa sentire in colpa”, afferma Xo, “non per l’aborto ma per il fatto stesso di non sentirmi in colpa”.

A Crazy Ex-Girlfriend, la sit-com musicale ideata e interpretata da Rachel Bloom, spetta invece una rappresentazione più convenzionale ma non per questo meno significativa. Paula, la migliore amica della protagonista Rebecca, già sposata e con due figli, interrompe una gravidanza che non le consentirebbe di iscriversi a quel corso di Giurisprudenza che ha sempre sognato di frequentare. Anche in questo caso niente drammi né sensi di colpa ma una scelta consapevole appoggiata in primis dal marito della donna, pronto a comprendere le esigenze della moglie.

Sicuramente più irriverenti, per natura, le modalità con cui gli sceneggiatori di You’re the worst e Bojack Horseman si dedicano alla materia. Nel primo l’aborto è attribuito a Lindsay, ovvero il personaggio più bizzarro ed eccentrico della sit-com, che sceglie di non consultare nemmeno il marito Paul urlando forte e chiara la sua volontà: “My body, my choice” (Il mio corpo, la mia scelta)”.

Sembra quasi superfluo sottolineare che il più politicamente scorretto rimane BoJack Horseman, la dissacrante serie animata per adulti targata Netflix che ha per protagonista un cavallo, stella (o presunta tale) dello show business in una Hollywood mistificata e vilipesa.

Nel sesto episodio della terza stagione Diane Nguyen, fidata amica del nostro eroe, abortisce senza ripensamenti. Non prima che la sua gravidanza e soprattutto il suo aborto vengano strumentalizzati dalla teen idol di turno Sextina Aquafina che finge di essere incinta per il proprio tornaconto.

“Se avessi quel bambino sarebbe un grande intralcio. No, preferisco dargli un calcio. Prendi il feto, uccidi il feto”, canta nel singolo con cui si rivolge alle sue adoranti fan. Neanche Lars von Trier si era mai spinto a tanto! E mai come in questo caso gli sceneggiatori di BoJack brillano per acume. Anziché limitarsi alla critica dell’industria/società dello spettacolo (normale amministrazione) lo show sposa la linea de il fine giustifica i mezzi.

Ovvero: l’integerrima Diane, inizialmente scandalizzata dal fatto che Sextina Aquafina (definita “moralmente marcia”) lucri sul suo aborto, legittima infine le sue azioni cogliendone la risonanza. “Se uno riesce a scherzarci su, la cosa diventa meno terrificante”, per esprimere il concetto attraverso le parole di una fan di Sextina.

Non è sempre stato così. Gli episodi in questione indicano una dipartita dal classico ritratto dell’aborto sul piccolo e sul grande schermo. Basti pensare che nel 2010 la Fox si rifiutò di mandare in onda un episodio di Family Guy incentrato sull’aborto, tema da cui si tenne alla larga perfino lo scanzonato Sex and the City quando Miranda Hobbes rimase casualmente incinta di Steve.

S-drammatizzazione e de-mistificazione dell’aborto: la tv ha un nuovo obiettivo. Che lo troviate edificante o meno, l’emancipazione femminile e il progresso culturale passano anche da qui.

Pubblicato originariamente su Wired Italia

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