Steve Martin, il ritorno alla live comedy del genio della risata

Il maestro dello stand-up torna sulle scene a trentacinque anni dall’ultima volta durante l’emozionante show del collega Jerry Seinfeld. Lo scorso anno, in occasione del suo settantesimo compleanno, Steve Martin era stato insignito dell’American Film Institute Lifetime Achievement.

Un premio alla carriera accompagnato da decine di apprezzamenti da parte dei suoi colleghi più giovani, da Tina Fey (che l’ha definito un genio) a Steve Carell (che l’ha paragonato a Charlie Chaplin) passando per il regista Carl Reiner che l’ha descritto come «l’essere umano più versatile presente sull’intero pianeta».

Non tutti (gli italiani) sanno che prima di darsi completamente alla tv (diventando uno dei volti più noti del Saturday Night Live) e al cinema, Steve Martin divenne una star dello stand-up dove si distinse grazie ad uno stile grottesco, originale e innovativo. Dalla fine degli anni Settanta all’inizio del nuovo millennio ha impreziosito la commedia hollywoodiana con il suo carisma, la sua eleganza e una forte vena umoristica.

Moltissimi i film in cui ci ha fatto ridere fino alle lacrime o per commozione: dall’esordio da protagonista nell’indimenticabile Lo straccione a Ho sposato un fantasma con Lily Tomlin, dalla parodia del genere noir ne Il mistero del cadavere scomparso a Roxanne, intelligente adattamento in chiave moderna di Cyrano de Bergerac; da Due figli di… con Michael Caine a Parenthood di Ron Howard, a cui si ispirò l’omonima serie di successo della NBC.

Tra i migliori ricordiamo Pazzi a Beverly Hills (1991), un bizzarro ritratto del Los Angeles’ lifestyle, caratterizzato da folli abitudini, spesso ridicole e superficiali, con protagonista una giovanissima Sarah Jessica Parker. Il suo ultimo film di successo risale invece al 1999.

Parliamo di Bowfinger, da lui scritto e interpretato insieme a Eddie Murphy, Terence Stamp e Robert Downey Jr. Trattasi di una satira ben riuscita sull’industria cinematografica, gli attori e le loro manie che comprendeva perfino una diretta parodia di Scientology raccontata dal punto di vista di un perdente che prova la via del successo.

Steve Martin è un talento unico nel panorama artistico statunitense, capace di evolvere da comico demenziale, specializzato nella farsa e nella celebrazione della stupidità, ad astuto intellettuale nonché critico d’arte capace di spaziare in diversi generi. Come spesso accade invecchiando, le sue scelte (o più probabilmente le proposte) non sono state alla sua altezza, almeno fin quando non è tornato alla stand-up comedy a 35 anni di assenza dalle scene.

Chi credeva che l’autobiografia Born Standing Up rappresentasse il cosiddetto canto del cigno si sbagliava. L’America ha salutato questo evento irripetibile come il ritorno del maestro.

A convincerlo sarebbe stato il suo amico Jerry Seinfeld, altra leggenda dello stand-up, che l’ha ospitato nel suo show. Com’è andata? Il pubblico era in delirio, in platea perfino Tom Hanks che doveva aver ricevuto una soffiata e i critici americani da giorni non scrivono d’altro.

«Martin continua a fare commedia prendendosi gioco della commedia stessa regalandomi uno dei momenti più esilaranti che io abbia mai vissuto come spettatore di live comedy», scrive emozionato il critico di Volture.

Verso la fine della sua performance, la superstar ha dedicato al pubblico un piccolo medley con il banjo, strumento che da sempre suona con maestria, prima che Seinfeld lo raggiungesse sul palco per ringraziarlo: «Questo è stato il momento più emozionante della mia carriera».

Pubblicato originariamente su GQ Italia

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