The Danish Girl, perché Eddie Redmayne e non un attore transgender?

Mentre gli attori afroamericani si preparano a boicottare la cerimonia di assegnazione dei premi Oscar, l’Italia accoglie nelle proprie sale un film molto discutile, quanto a rispetto delle diversità. Parliamo di The Danish Girl (in sala dal 18 febbraio), adattamento cinematografico dell’omonimo libro di David Ebershoff, ispirato alla storia del pittore danese Einar Wegener che all’inizio degli anni Trenta si sottopose al primo intervento finalizzato al cambio di sesso.

Il film, già di per sé deludente, presenta un’anomalia: a recitare la parte di Einar prima e di Lili Elbe poi è Eddie Redmayne e non un attore transgender, come sarebbe stato lecito aspettarsi. Perché dunque preferire un interprete cisgender a centinaia di attrici transgender oltremodo qualificate e talentuose?

Il primo a rispondere alle polemiche è stato il regista Tom Hooper (Il discorso del Re) che, in un’intervista rilasciata al The Guardian, ha così giustificato la sua scelta: 

«I casting sono stati aperti a circa 40-50 attori trans per delle comparsate. Non è un traguardo ma è un piccolo passo verso la loro inclusione. Il volto di Eddie ha qualcosa di femminile. Ecco perché aveva già interpretato delle donne in passato, come il ruolo di Viola in La dodicesima notte. In The Danish Girl Lili è presentata come un uomo per circa tre quarti del film e questo è un aspetto di cui ho tenuto conto nella mia scelta di affidare il ruolo a Redmayne».

I tempi non sarebbero dunque ancora maturi perché un attore transgender possa ottenere la parte del protagonista in una grande produzione. A nulla valgono i test delle serie tv (con la carismatica Sophia Burset di Laverne Cox Orange is the new black) o le recenti prove nel cinema indie (recuperate Tangerine se potete).

È Eddie Redmayne, con la sua faccia da bravo da ragazzo e un premio Oscar come biglietto da visita, ad avere l’appeal giusto per misurarsi nel ruolo e attirare l’attenzione del grande pubblico sugli outsider di turno.

Se queste fossero le uniche motivazioni, ipocrisia a parte, ci sarebbe poco da opinare. Ma il vero paradosso è l’obiettivo strategico del film: sfruttare una storia delicata e la trasformazione fisica che necessita per puntare dritto ad un’altra statuetta dopo quella vinta per l’interpretazione di Stephen Hawking ne La teoria del tutto.

E siccome i siccome i membri dell’Academy sono molto sensibili ecco anche quest’anno Eddie Redmayne è candidato (ingiustamente) alla vittoria del premio Oscar a scapito di performance decisamente superiori, prima tra tutte quella di Jason Segel nei panni di David Foster Wallace in The End of the Tour.

L’arte è la prima vittima di queste manipolazioni che danneggiano la riuscita di un film che, con la sua versione puritana, manca prima di tutto di rispetto al suo protagonista, un pioniere del movimento transgender che cominciò il suo processo di transizione prima ancora che la storia gli assegnasse un nome.

Il film è una clamorosa occasione mancata che presenta le stesse caratteristiche dell’atteggiamento vigliacco del regista e dei produttori: distaccato, innocuo e pressoché incapace di interrogare e “disturbare” lo spettatore.

Fortuna che The Danish Girl riacquisti un minimo di credibilità con la presenza di Alicia Vikander, giovane attrice svedese di grande talento, nei panni di Gerda Wegener, moglie di Einar prima e migliore amica di Lili poi.

È solo attraverso i suoi sorrisi lucenti e le sue lacrime amare che intravediamo la bellezza della verità e rimpiangiamo un cinema più capace di osare e di reggere il confronto con il reale.

La femminilità di Lily e il suo processo di trasformazione, invece, vengono mortificati passando solo attraverso abiti, trucco e una serie di irritanti smorfie da parte di Redmayne che confermano quanto già pronosticato dagli scettici. Solo un’attrice transgender avrebbe potuto rappresentare il cambiamento fisico ed emotivo del protagonista senza trascurarne il tormento e la multidimensionalità del suo essere.

Pubblicato originariamente su Wired Italia

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