È una soleggiata mattina d’estate e nel suggestivo scenario delle colline del Dorset fa il suo ingresso a cavallo una donna, giovane e attraente, di nome Bathsheba Everdene. Tutto sotto lo sguardo attonito del pastore Gabriel Oak. Sono loro i protagonisti di Via dalla pazza folla, grande classico della letteratura inglese di Thomas Hardy, che dopo vari adattamenti torna al cinema il 24 settembre nell’omonimo film diretto da Thomas Vinterberg (Festen – Festa in famiglia, Il Sospetto).
Bathsheba è un’eroina tridimensionale, è timida e innocente ma anche testarda e decisa a non cedere alle lusinghe dei suoi pretendenti ostentando sicurezza nella gestione della proprietà terriera ereditata dallo zio. Mette subito a tacere le richieste dell’umile Oak, fa il tira e molla con lo scapolo William Boldwood e poi – come tutte le donne del mondo o quasi – perde la testa per il meno raccomandabile, il sergente Frank Troy.
Avvalendosi delle riprese in loco dell’incantevole paesaggio rurale inglese, il regista danese restituisce allo spettatore la complessità e il fascino del romanzo di Hardy, sapiente indagatore dell’animo femminile. Una grande storia d’amore quella raccontata in Via dalla pazza folla che mutua l’epicità di Via col vento e la forza drammatica di Casablanca, i cui ideali romantici si scontrano, spesso soccombendo, alla casualità del destino.
Carey Mulligan è elegante e radiosa nel ruolo di Bathsheba e tiene testa a Matthias Schoenaerts e Tom Sturridge, carismatici e seducenti in quelli di Oak e Troy. Il riservato e malinconico William Boldwood rientra invece nella lista dei complessi personaggi maschili interpretati da Michael Sheen, che al cinema aveva già esplorato politica (Tony Blair in The Queen), giornalismo (David Frost in Frost/Nixon – Il Duello) e sport (Brian Clough ne Il Maledetto United).
“Tutti loro mi hanno dato l’opportunità di interrogarmi su cosa significhi davvero essere uomini”, mi spiega Sheen che riesco ad intercettare tra un pausa e un’altra delle riprese del film che sta girando a Los Angeles. E’ rigoroso e formale, non diversamente da Boldwood e forse proprio per questo ci tiene a giustificarlo: “Leggendo il romanzo ho come avuto l’impressione che qualcuno gli avesse spezzato il cuore in passato costringendolo a vivere in una situazione di semi-isolamento”.
La fragilità di Boldwood non stenta a venire a galla: un solo biglietto di auguri per San Valentino da parte di Bathsheba gli basta per chiederla in sposa ma, dinanzi al suo rifiuto, “varca la soglia dell’inferno dell’amante offeso”. Sheen non se la sente proprio di condannarlo: “l’incontro con l’altro è sempre destabilizzante e spaventoso ma perdere il controllo è l’unico modo possibile per conoscere la versione più autentica di se stessi”.
L’attore gallese, 47 anni a febbraio, si dice lusingato di aver preso parte alla trasposizione di un romanzo che ha il merito di “partire dall’esplorazione di un personaggio femminile per poi allargarsi agli uomini che le gravitano intorno e non viceversa, come spesso accade oggi”.
E’ considerata la più femminista tra le serie tv americane Masters of Sex, che dal 2013 vede protagonisti Michael Sheen e Lizzy Caplan nei panni del dottor William Masters (detto “Bill”) e della sua assistente Virginia Johnson, pionieri nello studio dell’attività sessuale.
Se nel corso della prima stagione, ambientata alla fine degli anni Cinquanta, abbiamo visto come i due ricercatori avviarono il proprio studio nonostante i pregiudizi dell’ambiente medico, nella seconda (in onda tutti i mercoledì su Sky Atlantic dal 5 agosto) assistiamo principalmente agli sviluppi della loro controversa relazione sentimentale.
“Bill Masters ebbe una terribile infanzia che continuò a condizionarlo anche in età adulta. Per questo spesso si sente a disagio in mezzo alla gente e appare freddo e intimidatorio”, spiega Sheen che crede nel potere curativo dell’amore. “Solo l’incontro con una donna forte e indipendente come Virginia riesce a smuovere le sue emozioni e forse a liberarlo dalla paura”.
Pur ammettendo di aver dubitato se accettare o meno la proposta di Showtime, il network americano che trasmette la serie, a cui è legato da sette anni di contratto, l’attore è a dir poco entusiasta delle incredibili opportunità che la televisione gli offre. Contrariamente al cinema, dove il tempo è piuttosto limitato, la tv gli consente di compiere un viaggio e di esplorare a fondo i personaggi più complicati.
Masters è senz’altro uno di questi, un uomo che lo affascina per tutti i cambiamenti che è costretto ad affrontare: “Bill si guarda allo specchio e vede un mostro. Inizia uno studio che dovrebbe riguardare la scienza e il sesso e che lo porta a confrontarsi con la propria vulnerabilità e il desiderio di intimità. Ma c’è un aspetto in particolare che lo sorprende: “Le persone tendono a credere che nella vita sia impossibile cambiare ma lui è la dimostrazione dell’esatto contrario. Non ho mai visto niente di simile, e ad un certo punto lo vedrete perfino cantare!”.
A cantare non ci pensa neanche Michael Sheen, considerando anche il poco tempo libero che ha a disposizione – preferisco dedicarlo agli amici e alla famiglia – ma nessun rimpianto: “Recitare non è mai stato un lavoro, amo farlo”. Ha una voce squillante, è sicuramente un ottimista e mi dà quasi più l’idea dell’allegro chirurgo che dell’ombroso dottor Masters. E’ forse solo la capacità di controllo ad accumunarlo al celebre ostetrico, almeno a giudicare dalla tranquillità con cui gestisce le domande.
Torna ad indossare il camice quando risponde in maniera fin troppo analitica alle mie curiosità sugli studi di Masters e Johnson e sui tabù che le loro ricerche hanno contribuito ad infrangere. Sheen è critico del modo in cui oggi intendiamo il sesso: se negli anni ’50 le persone avevano a disposizione poche informazioni per farsi un’idea della propria sessualità, oggi ce ne sono fin troppe, non sempre corrette.
“Il sesso è stato commercializzato, è come se fosse diventato un brand per incamerare profitti. Abbiamo un’immagine idealizzata del modello sessuale a cui dobbiamo aderire e se ci allontaniamo da quello ci sentiamo falliti”.
Mantiene un tono formale anche quando gli chiedo della sua compagna, la comica Sarah Silverman, presente sia nella seconda che nella terza stagione della serie nel ruolo di Ellen, partner omosessuale della segretaria di Bill e Virginia, Betty Dimello.
“Eravamo preoccupati di trovare un’attrice che fosse complementare ad un personaggio così carismatico come quello di Betty. Doveva essere diversa ma allo stesso modo formidabile”. Poi sorride e cede il passo ai sentimenti: “Sarah ha un carattere molto forte ma le persone non sanno quanto possa essere dolce e innocente. Finalmente abbiamo anche girato delle scene insieme”.
E’ tutta una questione d’amore, direbbe qualcuno e, per quanto cinico, è proprio il dottor Masters ad essere chiaro in merito: l’amore non è una forza esercitata da un corpo su un altro, è il tessuto stesso di quei corpi; è quel qualcosa che scolpisce le linee e i solchi, la curvatura del nostro desiderio.
Pubblicato originariamente su GQ Italia