L’America celebra i cento anni di Frank Sinatra con sentimentalismo e ipocrisia

Mentre la Liguria ne rivendica le origini all’EXPO con tanto di manifesto e certificato di nascita, l’America celebra il mito di Frank Sinatra con una mostra dal titolo “Sinatra: An American Icon” che si terrà alla New York Public Library fino al 4 settembre.

In occasione del centenario della nascita di The Voice, la famiglia Sinatra in collaborazione con il museo Grammy di Los Angeles ha allestito una mostra a ingresso gratuito contenente lettere, foto, stampe e oggetti inediti.

Introdotti dalle note di My Way, Strangers in the Night o Come Fly With Me gli appassionati cominciano il percorso interattivo che ripercorre la carriera di una delle voci più distintive del secolo scorso come dimostrano gli oltre 150 milioni di dischi venduti.

Frank Sinatra nacque il 12 dicembre 1915 a Hoboken (New Jersey), patria del baseball dove molti immigrati erano soliti trasferirsi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento a causa della sua vicinanza con Ellis Island, dove venivano smistati prima di ottenere il permesso di restare negli USA.

Figlio unico degli immigrati italiani Dolly e Marty Sinatra (rispettivamente originari dell’entroterra genovese e palermitano), Frankie mostrò fin da subito una certa predisposizione per il canto e, mentre sognava ascoltando Caruso, Bill Crosby e Louis Armstrong, decise di abbandonare gli studi per perseguire una carriera artistica.

L’ossessione per i dettagli, l’ambizione sfrenata e, soprattutto, una voce inconfondibile gli consentirono di acquisire molto velocemente un certo tipo di notorietà cantando in orchestre locali fino a quando nel 1943 firmò il contratto con la Columbia.

La mostra è una godibile collezione di cimeli che mettono in luce i suoi molteplici talenti ma, considerando il suo noto perfezionismo, sarebbe Sinatra stesso, se fosse ancora tra noi, a rivolgere degli appunti agli organizzatori.

I più giovani saranno senz’altro felici di avere l’opportunità di duettare con un Sinatra virtuale canticchiando New York, New York nella cabina karaoke o di scattare un selfie con la sua gigantografia.

Ciò nonostante, la retrospettiva ignora completamente il racconto delle sue tormentate relazioni, il suo discutibile stile di vita e i momenti più bui della sua carriera che costituiscono una parte fondamentale della sua integrità artistica.

Sorprendentemente, oltre al posto d’onore riservato ad Ella Fitzgerarld, una delle artiste più amate da Sinatra, il lato romantico di The Voice è neutralizzato. Nessun accenno alle sue tante liason, quasi nessuna foto delle sue dame, tantomeno delle sue quattro mogli.

Le controversie – il suo fare intimidatorio, i suoi rapporti con la mafia, i dossier dell’FBI, la presunta paternità illegittima di Ronan Farrow – rimangono inesplorate lasciando spazio ad un racconto ad una sola dimensione, striminzito e convenzionale ma non per questo meno magnificente.

La mostra sembra avere un’intenzione ben precisa: glorificare il sogno americano servendosi di uno dei volti più popolari e simbolici della musica leggera evitando qualsiasi tipo di polemica.

Per questo “Sinatra: An American Icon” è incentrata sulla celebrazione dei tanti primati riconosciuti al mitico cantante italo-americano, tra i quali quello di essere considerato il primo teen idol della storia del pop.

All’inizio degli anni Quaranta le cosiddette “bobby soxer” – chiamate così per i calzini corti che erano solite indossare sotto le minigonne – (l’equivalente delle fan adoranti dei vari Justin Bieber e One Direction di oggi, per intenderci) formavano la quasi totalità del pubblico del giovane Sinatra le cui ballate romantiche cominciavano ad impazzare in radio.   

Da non sottovalutare anche la sua carriera a Hollywood. Come attore lo ricordiamo in “Qualcuno verrà” di Vincente Minnelli, in “Bulli e pupe” di Joseph L. Manckiewicz,  “Va e uccidi” di John Frankenheimer e soprattutto ne “L’uomo dal braccio d’oro” di Otto Preminger che gli garantì una nomination all’Oscar come miglior attore.

Sinatra merita per questa e tante altre ragioni tutti gli onori che gli vengono tributati. Il suo carattere impetuoso era infatti bilanciato dalla profondità delle sue emozioni e da un attivismo politico volto a favorire la tolleranza religiosa e razziale nei momenti di maggiore tensione sociale.

Diverse retrospettive hanno evidenziato di recente difficoltà nel cogliere la complessità del carisma degli artisti più idolatrati del secolo scorso ma, come ha giustamente sottolineato il The Guardian, c’è un principio di ipocrisia che governa “Sinatra: An American Icon” che ne limita l’esaltazione dello spirito creativo del suo protagonista.

Pubblicato originariamente su Il Giornale OFF

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...